NEWS

Una passione di famiglia

Tornai in Italia perché, un giorno per telefono, mio padre mi fece capire che gli sarebbe piaciuto vedermi al suo fianco in azienda.

Mi trovai in un ambiente vecchio, non tanto quello dell’ufficio di mio padre, ma quello delle Dogane, inteso come rapporto Doganalista/Doganiere, che sembrava ‘godere’ nel crearsi problemi. Trovai doganalisti che come unica risorsa avevano quella di lasciar passare un po’ di tempo per vedere se un “no” potesse trasformarsi in un “sì” da parte dell’Amministrazione doganale, trovai professionisti che rinunciavano a dei lavori particolarmente complessi in favore di pratiche meno appaganti, trovai un mondo tanto, ma tanto, diverso da quello giovane e risolutivo che avevo avuto modo di frequentare all’università e poi all’estero.

Sono entrato per la prima volta negli uffici della Dogana quando avevo sette anni. Facevo i compiti in un angolo mentre mio padre svolgeva il suo lavoro. I ricordi che ho sono di un ambiente polveroso, giallo, fatto di registri enormi, che non avevano alcun senso per me, e di montagne, montagne di carta.

Ancora oggi mi domando cosa mi spinse a tornare in Italia con quei ricordi che avevo ancora vividi nella mente. Credo sia stata la voglia di non deludere mio padre.

Man mano che crescevo professionalmente, capivo che il mondo della Dogana non era solo giallo, ma anche complesso e di difficile interpretazione. Appena mi sembrava di essere abbastanza sicuro su un argomento usciva una circolare, una nota esplicativa, un qualcosa che metteva in discussione tutto quello che avevo capito fino a quel momento. Sono andato avanti solo grazie alla mia testardaggine e un giorno mi sono trovato a gestire un ufficetto da solo, accompagnato dalla mia paura di sbagliare e da quel giallume tanto odiato.

“Devo formare ragazzi giovani”, solo questo pensavo. E nel mentre studiavo, ‘sbollettavo’, facevo fatture, compilavo intrastat e andavo… e tornavo in Dogana.

Non è bello da dire ma per parecchio tempo ho abusato della mia salute non per lavoro, per me, perché dovevo organizzare un qualcosa che vedevo pieno di insensatezze. Era possibile svolgere un lavoro vecchio e noioso, per definizione, in maniera nuova e brillante, dando un servizio eccellente anche se i ‘dinosauri’ intorno a me ruggivano dicendo che ero troppo inesperto? Ci ho provato lo stesso e ci sono riuscito!

E oggi, con 15 anni di esperienza in Dogana alle spalle, lavoro con un team con formazioni volutamente diversificate, legge, economia, lingue, chimica, statistica è volete saperlo? Funzioniamo alla grande!
Ogni problema che arriva in ufficio crea un brusio fatto di domande, confronti, studio, idee date da quelle basi universitarie tanto diverse.

Spesso si pensa che la Dogana sia ‘semplicemente fare le bollette’, ma in questo lavoro c’è tanto di più.
Se importiamo un apparecchio elettronico dalla Cina prima della dichiarazione doganale bisogna sapere da quali componenti è formato, se sono stati fatti i test necessari per immetterlo nel commercio unionale, ne si deve conoscere la destinazione e come collocarlo, se ne devono conoscere le eventuali royalties, la sicurezza, i dazi, le agevolazioni, le certificazioni e poi, solo alla fine si compila quella “ripugnante” bolletta di 5 minuti.

E qualcuno mi voleva far credere che è un lavoro vecchio? In un mercato dove tutto cambia in una frazione di secondo? Io sì, che ho paura di invecchiare, ma questo lavoro se guardato attentamente è sempre giovane e, oggi più che mai, indispensabile per l’economia di un’azienda.

Un corriere espresso sa trasportare le merci, ma non ha né il tempo né la capacità fare una corretta dichiarazione per una ditta esportatrice/importatrice. Quindi, perdonatemi se prendo per ‘pazzo’ chi crede di risparmiare sulle operazioni doganali quando la contropartita è un container o un bilico il cui valore è di centinaia di mila euro e il cui dazio del 2% in più o in meno significa ripagarsi un anno di operazioni doganali o prendersi multe che a volte superano il valore della merce stessa. Perdonatemi se credo sia ridicolo scegliere il ‘metodo facile’ e quindi non distinguere tra un vettore e un doganalista, nascondendo la testa sotto la sabbia per poi trovarsi un problema che nessun call center al mondo saprà mai risolvere.

Ho sempre puntato sul rendere consapevole il cliente delle normative doganali che gravitano intorno alla merce che produce: è come immaginare, un esperto di Dogana e un tecnico che realizza un determinato prodotto che insieme sono un duo insuperabile! E, tralasciando l’E-peen, che il lavorare in squadra concede, si aprono nuove aspettative logistiche, nuovi teatri che né il doganalista né l’azienda riuscirebbero a intuire singolarmente , in sostanza, si crea linfa economica per entrambi.

I problemi vanno risolti, i problemi vanno rintracciati e affrontati, non domani, subito, perché anche una ditta che va bene potrebbe andare meglio e la frase ‘abbiamo fatto sempre così’ significa radicarsi in un probabile errore o fossilizzarsi in una strategia sicuramente sorpassata vista la velocità con cui il mondo del commercio estero si muove.

Dopo tutto questo tempo il mio mestiere non lo cambierei con nessun altro al mondo, perché con tutto lo stress che mi regala, con tutte le problematiche, le irragionevolezze che lo circondano, so per certo che sto facendo bene, non grazie ai riscontri, ma perché lo faccio con passione e dedizione.

Lorenzo Dott. Antonelli
CEO & Compliance

Post correlati

Posted on: Settembre 20, 2022

Cos’è una partnership?

Posted on: Luglio 20, 2022

L’ignobile costruttivo

Posted on: Luglio 11, 2022

Il Re della Savana

Posted on: Marzo 9, 2022

Russia

Posted on: Marzo 1, 2022

Qual è il vero nemico?